data trekking : 06/07/2014
quota partenza (m): 1.388
quota vetta (m): 2.481
dislivello complessivo (m): 1.093

Accesso:
Raggiungere Beaulard alternativamente percorrendo la S.S. 24 del Monginevro, dopo Salbertrand ed Oulx, oppure utilizzando l’autostrada A32, uscire ad Oulx Ovest e si prosegue in direzione di Bardonecchia.
Superati gli abitati di Signols e Savoulx, la strada passa sotto la A32 e si affianca la ferrovia. Dopo circa 1.5 Km, si svolta a sinistra e si attraversa la ferrovia tramite uno stretto sottopasso (indicazione per “Beaulard”).
Attraversato il fiume “Dora di Bardonecchia” su di un ponte di legno si continua a salire trascurando ogni deviazione a destra.
Prima di entrare in Château Beaulard, si svolta a destra su una strada sterrata che conduce ad un ampio parcheggio dove potete lasciare la vettura.

Le Alpi ci chiamano, e noi rispondiamo avventurandoci in Alta Val Susa.

Questa volta la nostra destinazione sarà il piccolo bivacco Blanchetti al Passo dell’Orso, all’ombra della Grand’Hoche.

Oggi abbiamo dei compagni di avventura nuovi: Alessandro, coach di judo all’Accademia Torino , una crossfitter, Irene, ed il suo compagno skyrunner. Insomma, il solito bel gruppo variopinto.

Lasciata la macchina nel piazzale ci addentriamo nel bosco seguendo le indicazioni per il rifugio Guido Rey e raggiungendolo a quota 1.761 mt dopo una piacevole e non troppo impegnativa passeggiata.

Molto ingenuamente, inconsapevoli di quello che la giornata ci avrebbe riservato, riservarci dei posti per il pranzo, previsto entro un paio d’ore al massimo, credendo -e dando ascolto alle indicazioni dei due ragazzi del rifugio- di poter fare la nostra salita e ridiscendere velocemente, per poi goderci il pomeriggio di sole sulla terrazza del rifugio.

Ecco, ora, in montagna programmare non è mai possibile, dovremmo averlo imparato ormai. Il meteo, la stanchezza, l’euforia di un nuovo paesaggio, qualche animale inaspettato…ogni cosa può stravolgere i programmi in qualche attimo. Ma noi abbiamo la testa dura e continuiamo a farlo tutte le volte, ci piace così.

Imbocchiamo quello che pare essere il sentiero n°702, non ben segnalato, ma in ogni caso abbastanza agevole da seguire e cominciamo a salire verso la nostra meta, incontrando una verdissima natura ed i resti, ormai abbandonati da tempo, di quella che era il vecchio impianto sciistico del luogo, quando ancora la neve cadeva abbondante da queste parti: ricordi che solo i nostri genitori conservano ormai.

natura verde bivacco sentiero grand hoche

La vista subito si perde sui paesaggi dell’Alta Val di Susa, le nostre Alpi, che ci stregano con le mille sfumature di verde. E’ molto difficile stancarsi di ammirare questi paesaggi, un piccolo grande angolo di Paradiso a pochi passi da Torino.

rifugio Guido Rey porta diroccata resti

Proseguendo la nostra passeggiata, che si fa via via sempre più ripida ed impegnativa, ma ci riserva le solite sorprese. Ad un certo punto, svoltata una curva, ci troviamo di fronte un piccolo spiazzo e, unico residuo di un vecchio rustico, la cornice di una porta, una cornice di un panorama fantastico.

 

“Quassù non vivo in me, ma divento una parte di ciò che mi attornia. Le alte montagne sono per me un sentimento”

Lord Byron

Una piccola sosta con snack da veri sportivi, noci, mandorle e frutta disidratata, e si riparte. Ora la salita si fa veramente impegnativa, il sentiero sale deciso verso una serie di stretti tornanti ghiaiosi, il verde ormai lasciato più in basso, e lo skyrunner perso di vista molto più in alto -sarà già arrivato in cima? chissà!-

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Il meteo non è dei migliori, le nuvole ci seguono e ci coprono un po’ dal sole per fortuna, ma l’umidità rende la temperatura decisamente bassa e nonostante la fatica per salire, il freddo si fa sentire.

Ormai arrivati quasi alla nostra meta, il paesaggio è diventato completamente roccioso, la vegetazione totalmente sparita, ed i nevai abbastanza frequenti, anche se ormai mezzi sciolti e facili da superare grazie al sentiero ben segnato da chi è già passato prima di noi.

E poi finalmente, superato un ultimo nevaio e l’ultima salita, raggiungiamo il Passo dell’Orso ed il bivacco Blanchetti.

bivacco guido Rey sotto la grand hoche

Il bivacco è davvero un gioiellino di nuova costruzione: esterno in resistente lamiera, interno in caldo legno, sei comodi posti letto e tutto il necessario per mangiare e scaldarsi, lasciato da chi quassù ci è già arrivato.
Non ci tiriamo indietro e approfittiamo del tavolo al coperto per avventarci sui salumi e formaggi comprati prima di partire, una vera delizia.

Con la pancia piena e un po’ riscaldati dal freddo preso durante la salita, ci godiamo lo splendido panorama delle due valli tra le quali ci troviamo: la francese Val del Acles…

grand hoche montagne natura bivacco

…e la nostra Val di Susa. Scatta la vena dell’insegnamento e subito partono le scommesse su quale sia con precisione il paesino che si vede, piccolo piccolo, a fondo valle. Difficile distinguere da così lontano, ma non è necessario per godersi l’ottima vista, è tutto bello.

panorama sotto la grand hoche, strapiombo sulla valle

Si trova tempo per un’ultima foto di gruppo, incorniciata dallo splendido bivacco. Il pranzo previsto al rifugio ormai dimenticato e rimpiazzato dai formaggi e salumi appena divorati, che ci hanno alleggerito lo zaino.

selfie bivacco blanchetti sotto la grand hoche

Stretching per riscaldarsi e prepararsi alla corsa del ritorno -il nostro skyrunner lo ritroveremo solo a fine percorso!-, scarpe allacciate e la traccia del nostro passaggio sul libretto del bivacco: pronti a ritornare in città!

selfie riscaldamento bivacco blanchetti sotto la grand hoche

Non prima che il nostro coach ci abbia deliziato con una bella foto artistica; si sa, la felicità fa tornar bambini.

onda energetica sotto la grand hoche

Arrivederci Val Susa, la prossima volta torneremo per conquistare la vetta.

 

“Basta un colle, una vetta, una costa. Che fosse un luogo solitario e che i tuoi occhi risalendo si fermassero in cielo. L’incredibile spicco delle cose nell’aria oggi ancora tocca il cuore Io per me credo che un albero, un sasso profilati sul cielo, fossero dei, fin dall’inizio”.

Cesare Pavese, I dialoghi con Leucò

 

AP