Diario di Viaggio

Non è passata neanche una settimana da quando abbiamo lasciato l’Italia e siamo già in grande anticipo sulla nostra tabella di marcia. La pioggia prima a San Sebastiàn e poi a Porto ci ha fatto affrettare le tappe ed in soli sei giorni siamo già quasi a metà della costa del Portogallo.

Oggi niente sveglia presto, anzi, ce la siamo presa con tutta calma. Ci aspetta parecchia strada e non c’è motivo di correre.

La destinazione è l’isola Berlenga Grande, pochi chilometri al largo della città di Peniche. Ci siamo un po’ documentati su quest’isola, riserva naturale, scoprendo che c’è modo di campeggiare sull’isola stessa, che, a giudicare dalle foto trovate qua e là, è una sorta di paradiso terrestre portoghese. Speriamo di arrivare per tempo per poter traghettare, oltre che di trovar posto nel campeggio, e nel frattempo ci godiamo la strada.

Verso l’ora di pranzo ci ritroviamo, quasi a farlo apposta, ad attraversare il millesimo paese, dopo la città di Mira, ritrovandoci per caso nel bel mezzo del mercato ed il provvidenziale finestrino abbassato permette al profumino davvero invitante del pollo arrosto di inondarci. Impossibile non fermarsi: in pochi minuti abbandoniamo la macchina e siamo seduti sotto un tendone che di igenico ha ben poco – così come chi ci serve e gli altri avventori – ma che ci delizia, per pochi euro, di un ottimo pollo arrosto, con insalata, olive e formaggio.

mercato

Polletto niente igiene e tutto gusto

Superiamo Figueira da Foz tenendocene ben alla larga, non vogliamo assolutamente incontrare traffico e nessuno ci ha parlato bene di questa città, quindi, dovendo scegliere, decidiamo di dirigerci direttamente a Nazarè, famosissima tra i surfisti per essere uno dei posti con le onde più alte al mondo e dove, lo scorso autunno, è stata surfata l’onda più alta di sempre.

Lungo la strada sulla costa, poco prima di arrivare alla nostra destinazione intermedia, ci fermiamo, affascinati, in quella che scopriamo essere la cittadina di San Pedro da Moel. Poche case, un altro campeggio Orbitur – stessa catena di quello in cui ci eravamo fermati a San Jacinto, sembrano tutti molto belli, credo proprio che ci torneremo!- ed un faro spettacolare, quasi a picco sul mare, oggi non calmissimo, che rende il tutto molto affascinante.

San Pedro de Moel

San Pedro de Moel ed il suo faro

“Ciò che non hai mai visto lo trovi dove non sei mai stato.”
Detto africano

Nuovamente in macchina,  poco prima di entrare nella città di Nazarè, capiamo di aver fatto un grosso errore: la tranquilla cittadina che immaginavamo, popolata di soli surfisti, tutta incentrata sul surf, è un lontanissimo miraggio.

Ci infiliamo in una lunga coda per la strada principale, davanti a noi gente che si accalca sul piccolo marciapiede, autobus enormi che appena riescono a girare nelle stradine strette, la spiaggia troppo simile alla nostra riviera romagnola, Rimini, e troppo distante dalle ampie e vuote spiagge della riserva di San Jacinto lasciata solo poche ore fa.

Una grande delusione, ma ora che siamo qui, almeno fino al faro bisogna arrivare.

Nazarè

La “romagnola” spiaggia di Nazarè

Decisamente abbattuti per la pessima scoperta, sempre in coda, ci dirigiamo verso gli affollatissimi parcheggi poco sopra il faro. Avete presente i piccoli spazi della costa ligure, quei pochi parcheggi a disposizione per un quantitativo incredibile di macchine? Gente che parcheggerebbe anche in verticale fosse possibile? Lotte all’ultimo sangue per un misero angolo di strada in divieto di sosta?

Ecco, la situazione per fortuna non è così grave, ma ci avviciniamo molto. Quattro passi a piedi non ci spaventano di sicuro, a differenza di molti altri a quanto sembra, e dopo aver lasciato la macchina a distanza, ci avviamo, infine, verso il faro ed il promesso spettacolo.

 

Nazarè

Il faro di Nazarè, niente di speciale purtroppo

“Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio. Portiamo con noi la casa della nostra anima, come fa una tartaruga con la sua corazza.”
Andrej Tarkowsky

Il promesso spettacolo, in una normale giornata estiva, ventosa ma non di mare grosso, è uno spettacolo abbastanza comune da queste parti: un promontorio con un faro di segnalazione sul punto più esposto, a picco sul mare, le onde che si infrangono in basso.

Bello, sì, ma non vale la pena dello stress per arrivarci.

Un unico particolare merita, la macchina old style che incontriamo risalendo verso il parcheggio e con cui diamo un addio a questa iper turistica città.

Nazarè

Auto old style di fronte al faro di Nazarè

Un ultimo sguardo ed un saluto, in compagnia di due dei tanti pescatore che dall’alto del promontorio si dilettano con le loro canne da pesca, e torniamo alla macchina.

Nazarè

Pescatori di Nazarè, pesca “d’altura”

Ormai pochi chilometri ci separano da Peniche, la nostra meta, e non ci mettiamo molto ad arrivare, ancora in orario per la nostra sperata traghettata.

Ma quando una giornata parte male, non ci si può aspettare che finisca bene. Peniche, altra cittadina iper turistica, affollata, e assolutamente poco interessante e spettacolare.

Ci dirigiamo al molo, cercando da qualche parte informazioni su queste fantomatiche Isole Berlengas, ma ad eccezione dei chioschetti turistici dove vengono vendute crociere giornaliere alle isole mostruosamente care, nessuno sa di questo campeggio. Troviamo, quasi perse le speranze, una gentile signora che ci spiega che, primo, l’ultimo traghetto è salpato ormai da qualche ora, quindi di oggi non ci sono possibilità, secondo, che per poter traghettare con gli zaini è necessario già essere in possesso della prenotazione presso il campeggio – che ovviamente noi non abbiamo, ne’ lei può farci – e che, terzo, solitamente bisogna prenotare con almeno un mese di anticipo.

Decisamente demoralizzati, ritorniamo alla macchina per fare il punto della situazione. Uno sguardo alla cartina ci dice che Praia da Santa Cruz, uno di quei tanti posti che ci siamo appuntati come meritevoli di una visita, secondo le foto e descrizioni pescate su internet prima di partire, non è poi così distante e ci sono diversi campeggi nei dintorni.

Di nuovo in macchina, stanchi e soprattutto abbastanza stufi di macinar chilometri, in poco tempo arriviamo alla nostra, si spera, meta della giornata. Il paesino sembra abbastanza carino, l’unico problema è il campeggio. Il primo in cui proviamo è, a dir poco, affollato ed opprimente: ci viene mostrato un angolino in cui potremmo piazzare la tenda, dove appena ci starebbe, sul cemento. Rifiutiamo gentilmente e passiamo al successivo, stanchi e decisi ad adattarci a qualunque cosa.

Tornelli all’entrata, visitatori con cartellino, roulottes e camper ammassati uno all’altro ed un unico spiazzo libero per le tende su una terrazza, a fianco dei bagni, con uno strato di sabbia non sufficiente a piantar nulla ed un forte vento che minaccia di portarci via la tenda: insomma, una prigione a tutti gli effetti!

Esausti e affamati, ci dirigiamo nel centro del paese -carino, almeno questo! –  e ci gustiamo una zuppa di pesce, praticamente nell’unico locale accettabile, quasi in riva al mare.

Non riusciamo neanche a goderci la passeggiata, torniamo direttamente in tenda, nella speranza di non volar via durante la notte, e svegliati da chiunque vada in bagno, ma ormai è così, domani sarà sicuramente un giorno migliore, questi sono gli inconvenienti del non programmare nulla, avventura incredibili o sfighe concatenate, una via di mezzo non esiste.

Diario di Viaggio

AP

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