Un raggio di sole filtra tra gli alberi e colpisce la tenda; fa ancora freddo e decidere di uscire dal sacco a pelo, caldo e comodo, non è facile, ma ci sono così tante cose che ci aspettano oggi che in pochi minuti siamo fuori, con uno strato extra di vestiti. Già, anche se non sembra siamo in montagna e poco importa che di giorno ci siano 30 gradi, di notte e al mattino fa abbastanza fresco.

Smontiamo la nostra postazione, ormai una piacevole routine mattutina ed in pochi minuti siamo pronti a partire: prima tappa Polebridge ed un’ottima colazione da mille calorie – hanno certe briosche davvero fantastiche.

Con la pancia piena e pronti a partire, decidiamo di dirigerci senza esitazioni a Logan Pass, l’ultimo posto raggiungibile sulla Going-To-The-Sun-Road, chiusa da lì in avanti a causa dell’incendio. Ci hanno detto di partire presto se vogliamo evitare la coda che si formerà inevitabilmente in tarda mattinata e così facciamo.

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Oggi siamo qui, al Glacier National Park, per chi non l’avesse capito

La strada, la famosissima Going-To-The-Sun-Road, collega i due lati del Glacier National Park, passando da Logan Pass, un alto passo di montagna a picco tra due valli, con una vista incredibile. La velocità di percorrenza è molto bassa, sia a causa delle strette curve e della pendenza rilevante, sia per il pericolo di attraversamento improvviso di animali, sia perché si è rapiti dalla bellezza del paesaggio.

Inizialmente costeggia l’infinito Lago McDonald, per poi salire decisa verso The Loop, un ripido tornante dal quale si comincia a vedere la valle in tutto il suo spettacolo, dall’alto. Insomma, non si può stare tranquilli un secondo, è tutto un guardarsi intorno e non avere parole per descrivere quello che si vede.

The loop

Vista poco dopo The Loop, non tutti i giorni si è in posti del genere

Senza più parole, guidiamo fino a Logan Pass, dove troviamo già un certo numero di turisti. Un veloce giro al Visitor Center ci dà lo spunto per un ottimo trekking che parte proprio da qui, percorrendo la lunga passerella e poi giù, fino a Hidden Lake, ma questa è un’altra storia che vi racconteremo a brevissimo e che parte guardando verso una cima maestosa di fronte a noi.

Roger Pass

Ci si incammina verso Hidden Lake, passando a fianco di giganti di roccia

Il trekking non ci porta via troppo tempo, il giusto per lasciarci affascinati ed innamorati di questo posto. Purtroppo la strada chiusa a causa dell’incendio non ci fa proseguire oltre, ma questo non stravolge i nostri piani, già sapevamo che avremmo dovuto aggirare il parco per vederne entrambi i lati, quindi si risale in macchina, in senso contrario, e si riparte. Non abbiamo fatto neanche una curva che un ranger si ferma sulla carreggiata opposta, scende dalla macchina e imbraccia un fucile; ci fermiamo appena possibile per capire che succede ed un gruppo di ragazzi ci fa notare che un orso, probabilmente un grizzly, ha superato il confine di sicurezza e si è avventurato troppo vicino alla strada. Il fucile – state tranquilli! – non serve ad ucciderlo, ma a spaventarlo.

Si riparte, davvero stavolta, e ci godiamo la strada curva dopo curva, ma non fino all’inizio. Decidiamo, infatti, di fermarci e fare una breve camminata verso il Lago Avalanche, trekking molto frequentato e caldamente consigliato dai ranger al Visitor Center.

Avalanche Lake

Prima del lago Avalanche, ci sono le cascate, e prima ancora, il foltissimo bosco

Parcheggiamo e ci inoltriamo nella fitta foresta e già sappiamo che questo posto sarà davvero particolare. Ci incamminiamo nella foresta, il sentiero è semplice ed ampio e nonostante ci sia abbastanza gente, non è proprio affollato.

Ci gustiamo l’odore del legno e degli alberi e una pioggia di aghi di pino, strappati dal forte vento, che riflettono di bagliori dorati nei pochi raggi di sole che riescono a filtrare la fitta coltre di rami, lassù in alto. E’ uno spettacolo incredibile, ci fermiamo continuamente, soprattutto una volta arrivati vicino alla serie di piccole cascate nel canyon a lato del sentiero.

In meno di un’ora e nonostante tutte le pause, siamo sulle sponde del lago. Anche se ci sono molti turisti, è talmente spazioso che c’è spazio per tutti. Ci sediamo sui tronchi a filo d’acqua, incantati dal rumore delle cascate che nutrono queste acque e dai colori che ci circondano, e ne approfittiamo per un veloce spuntino.

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Avalanche Lake, gelide acque cristalline racchiuse in un anfiteatro naturale dai mille colori

Salutati i nostri amici scoiattoli, sempre presenti in questi boschi, che ben gradiscono l’apple chip – la patatina di mela – accidentalmente caduta a terra, si rientra, camminando nuovamente a lato dei giganti di legno vestiti di muschio verde.

Avalanche lake

Giganti di legno ricoperti di muschio ci accompagnano lungo tutto il rientro

La nostra giornata, però, è ancora ben lontana dall’essere finita. Ci aspettano ancora un paio di centinaia di chilometri per uscire dal parco, aggirarlo, ed arrivare a St.Mary, sul lato opposto del parco.

Cominciamo a guidare, prima risalendo le montagne e poi, una volta cominciata la discesa, vedendo solo più dorate distese di piatti campi di fronte a noi. Sì, perché il Montana è così: le ultime alte vette delle Rocky Mountains e poi il nulla, sconfinate praterie semi-deserte.

Montana

Superata l’ultima cima, di fronte a noi tutto diventa piatto e dorato, uno spettacolo in ogni caso

Guidiamo molto, affascinati dai repentini cambi di paesaggio tra montagna e prateria. In alcuni punti, addirittura, basta girarsi di 180° per ritrovarsi immersi in un posto totalmente diverso, è sbalorditivo: dietro, le montagne con le vette imbiancate dalla neve e di fronte le pianure, assolate e quasi desertiche.

L’ennesimo cambio di panorama ci riavvicina alle montagne ed in lontananza vediamo un fumo bianco, sappiamo di essere vicini alla nostra meta. Abbandonate le pianure, arriviamo nei pressi di St. Mary e l’incendio ci accoglie: una spessa coltre di fumo bianco oscura i raggi del sole, creando un’atmosfera surreale e, un’ora dopo, un tramonto infuocato – i raggi del sole, riflessi sulla coltre di fumo, diventano rossi, incandescenti, fantastici.

St. Mary, Glacier National Park

L’ultima curva prima di St. Mary, l’entrata est dei parchi

Superato il primo momento di stupore, decidiamo di andare al St. Mary Campground e cercare un posto per la notte. Siamo fortunati e, come ci era stato detto, troviamo ancora qualche piazzola vuota nonostante l’ora tarda. Montiamo la tenda con calma, il sole ha appena cominciato la sua discesa finale, e decidiamo di non cambiare menu per la cena, di nuovo Asian BBQ Rice and Noodle.

Andiamo ai bagni per lavare i piatti e scopriamo una cosa molto interessante: anche stasera, come tutte le sere non nuvolose, un ranger astronomo terrà una lezione sul cielo notturno e sulle stelle, aperta a tutti, nel piazzale qui di fianco. Una ragione in più per stare con il naso all’insù, tanto più che son previste stelle cadenti stanotte.

sorge la luna

Una giovane luna appena sorta sopra gli alberi bruciati

Arrivati al parcheggio, scopriamo che non sono solo due chiacchiere con il ranger, ma una vera e propria lezione di astronomia di base, con tanto di telescopio per vedere il colore delle stelle e la luna ingrandita. Attilio approfitta della lunga spiegazione per scattare qualche foto spettacolare alla luna, rossa del fumo dell’incendio di cui riusciamo a vedere chiaramente il bagliore dietro la collina, mentre io vago con lo sguardo da una costellazione all’altra, affascinata dalle tante informazioni fornite dal ranger.

St. Mary

L’incendio, le stelle e la ISS – la linea bianca lassù in alto – che altro si può chiedere stasera?

In un momento in cui l’incendio è particolarmente intenso, riusciamo a scorgere addirittura l’ISS, la stazione spaziale internazionale, che ogni poche ore transita, silenziosa e quasi mai notata, sopra le nostre teste.

Mancata per un soffio anche l’Aurora Boreale – sarebbe stato davvero troppo! – torniamo estasiati verso la tenda, dove sogni pieni di stelle e costellazioni ci aspettano. Domani sarà un’altra lunga e piena giornata, meglio riposare.

AP