Data Trekking: 01-02/05/2015
Quota partenza (m): 1.350
Quota vetta (m): 2.280
Dislivello complessivo (m): 930
Accesso:
Superato l’abitato di Mondrone e poco dopo anche le case di Molette si continua verso Balme. Nei pressi di una curva, sulla sinistra, si notano un ponte ed una costruzione metallica, mentre sulla destra si intercetta una ripida e stretta sterrata che sale con molte svolte fino al borgo di Molera (1478 m). Seguire la carrozzabile oppure lasciare l’auto sulla provinciale per salire a piedi fino a Molera, in questo caso si aggiungono 30 minuti in più di salita. Nei pressi di una curva della sterrata, poco prima della frazione, si nota una evidente bacheca in legno con indicazioni per l’Uja di Mondrone ed il Bivacco Molino.
Questa volta non andiamo allo sbaraglio, ed è già una bella novità!
I nostri amici, questa volta, arrivano addirittura dalle Hawaii e da Israele: dalle Hawaii quattro ragazze che studiano momentaneamente a Firenze, da Israele un ragazzo in tour europeo.
Organizzazione dicevo, sì, perchè dopo gli intoppi da scarpa da ballo della scorsa avventura, quando abbiamo raggiunto il Monte Robinet con i ragazzi newyorkesi dotati di dubbia attrezzatura, Trekking Alps ha implementato un furbissimo servizio di noleggio calzature, che si rivelerà incredibilmente azzeccato.
Purtroppo il tempo, questa volta, non è dalla nostra parte, e nuvole basse ci costringono a coprirci di plastica fin dai primi passi. E giusto qualche passo dopo, comincia l’indesiderato effetto sauna, immancabile ogni volta che si indossa un k-way, tanto più che la temperatura è decisamente alta e gli zaini son pieni.
Ci incamminiamo su per la strada che non è difficile, solo lunga e fangosa, ma dobbiamo subito fermarci a spogliarci del superfluo, già tutti fradici e siamo appena partiti. Sarà una lunga giornata, già lo so!
Ci addentriamo sempre più nelle nuvole, basta allontanarsi di qualche passo e già non ci si vede più l’uno con l’altro.
Il panorama, in compenso, è davvero bello e particolare, poco importa che non ci sia un bel sole e che non si veda per chilometri giù verso valle e su verso le cime, i rari momenti in cui si riesce ad intravedere la sagoma di qualche cima in lontananza, immersa in un mare di nebbia, sono incredibili.
“Il vero miracolo non è volare in aria o camminare sulle acque, ma camminare sulla terra.”
Li Lin Chi
A tratti sembra di essere nel bel mezzo di un qualche film horror, con il maniaco di turno, motosega alla mano, che si nasconde tra gli alberi, è quasi inquietante. Ma l’atmosfera è rallegrata dall’incessante chiacchierare delle nostre amiche hawaiane, che, incredibilmente, non sentono la fatica e parlano, parlano, parlano tantissimo.
E’ bello, si stanno divertendo, stanno apprezzando i nostri boschi nonostante il meteo che avrebbe scoraggiato tanta altra gente. Sono entrate nello spirito delle nostre camminate, insomma.
E’ davvero un bel percorso, abbastanza segnalato e facile da seguire, non sale mai troppo ripido né è troppo accidentato, per tutti insomma. E credo che sia anche molto panoramico – nuvole permettendo – oltre che colorato, tutti questi alberi devono essere di una quantità di sfumature di verde innumerevoli in primavera.
Poi arriva la neve. Prima di partire avevamo deciso di non portarci le ciaspole, un peso eccessivo e, secondo le previsioni a valle, inutili visti gli ultimi giorni di grande caldo.
Ecco, diciamo che si va avanti tranquillamente anche senza, che magari un po’ di neve gelata nelle caviglie è sempre piacevole con questo caldo, e che odio le ciaspole e son contenta di non averle ai piedi.
Diciamo anche che forse ci saremmo evitati di avere i piedi fradici dopo due minuti!
Ormai non manca più molto, il bivacco è là, sopra le nostre teste, da qualche parte.
I segni che ci guidavano nella nebbia, però, diventano sempre più scarsi man mano che si procede, nascosti nella nebbia o troppo lontani per poterli vedere, non sappiamo. Fatto sta che a tentativi scegliamo la strada e poco importa che Roberto conosca la strada a menadito, questa nebbia impenetrabile farebbe perdere chiunque.
Un improvviso sprazzo di luce ci permette di vedere le cime intorno ed in pochi istanti Roberto ci indica la strada giusta, improvvisamente ritrovato il suo senso dell’orientamento.
Un’ultima salita e sentiamo le grida che ci indicano che sì, siamo arrivati, ancora non lo vediamo – e non lo vedremo fin quando non saremo a qualche metro – ma ci siamo, abbiamo raggiunto il bivacco.
Contenti di essere finalmente arrivati, ci affrettiamo, ma l’ultima sorpresa ci aspetta alla porta…
Già, non avevamo tenuto conto di un piccolo particolare. La neve davanti alla porta, bella ghiacciata, non ne vuole sapere di farci entrare e a poco serve cercare di spalare, potremmo metterci ore per pulire uno spazio sufficiente – sarà l’assonanza nel nome, ma abbiamo la sensazione di aver già vissuto questa situazione, al bivacco Molline, sepolto sotto la neve.
Optiamo per una soluzione alternativa: Roberto apre uno spazio sufficiente per farmi scivolare dentro la porta, entro ed apro una finestra, che diventerà il nostro varco per il bivacco.
Fortunatamente la neve non ha raggiunto le finestre e poco dopo siamo tutti dentro, contenti di avercela, infine, fatta!
Entriamo, prima gli zaini poi le persone, sistemiamo un po’ il tutto, la roba fradicia in un angolo, noi nell’altro a piedi scalzi. Gli scarponcini sono tutti, nessuno escluso, fradici e visto che non c’è riscaldamento – ed in compenso di umidità ce n’è eccome – domani ci aspetta un ritorno molto, molto umido, ne siamo consapevoli.
La prima cosa da fare è mettere su l’acqua per i nostri ormai famosi ravioli, questa volta abbiamo tralasciato il sugo e puntato su un ottimo e caldo brodo da dado: vista la scarsità d’acqua, decidiamo, al solito, di sciogliere e bollire la neve, al gusto ci penserà il dado.
E non appena bolle, buttiamo il primo giro di ravioli, seguito da un altro, e un altro, e un altro ancora…e andiamo avanti per parecchio, un buon sorso di vino a condire il tutto – vino molto apprezzato dalle nostre amiche hawaiane, benchè sia uno squallido vino in cartone – e del buon Martini, gentilmente offerto dal nostro amico israeliano, al posto dell’amaro!
“In verità si può dire che l’esterno di una montagna è cosa buona per l’interno di un uomo.”
George Wherry
Finiamo di mangiare, ripuliamo, sistemiamo i letti per la notte, e mentre i nostri amici del Verticalife arrivano, dopo aver seguito le nostre tracce ed esser finiti fuori strada, uno spettacolo incredibile si apre fuori dalla piccola finestrella attraverso la quale siamo entrati: la nebbia e le nuvole si sono diradate, appoggiandosi a fondo valle, ed una luna piena e luminosissima si è levata nel cielo.
Lo spettacolo è incredibile, sembra di essere a mezzogiorno e invece sono le nove o dieci di sera. Ci sono poche stelle in cielo, non perchè siano fuggite, ma il bagliore della luna le fa sparire dal nostro campo visivo, e solo la macchina fotografica riesce a coglierne qualcuna, giusto sopra la Uja di Mondrone.
Ci riempiamo gli occhi di questo magnifico spettacolo avventurandoci fuori qualche minuto alla volta, poi la lunga giornata comincia a farsi sentire e dopo l’ultimo sorso di tè caldo le voci si affievoliscono, passa qualche minuto e siamo già tutti belli che addormentati.
E’ l’alba, fa fresco dentro al bivacco e ci affacciamo solo qualche istante fuori per immortalare lo spettacolo di colori incredibili, dal rosa al viola al blu, tutto per noi.
Poche ore dalla nebbia impenetrabile di ieri, ma un panorama totalmente diverso, finalmente colorato.
Poi si torna a dormire ancora un’oretta, sotto le coperte calde, mentre aspettiamo che i primi raggi di sole del mattino scaldino per bene questa giornata.
Belli riposati e scaldati, prepariamo la colazione, una bella pentola di neve si trasforma in fretta in del buon tè caldo e le prime chiacchiere si levano da sotto strati di coperte e sacchi a pelo.
Mangiamo, ci vestiamo, ci infiliamo dei comodissimi scarponcini fradici, e uno per volta usciamo dalla finestra; Roberto, per ultimo, percorre la mia via d’entrata: lo stretto spiraglio della porta.
E’ ora di qualche foto ricordo, mentre il caldo comincia a farsi strada tra gli strati di vestiti, e piano piano ci entra nelle ossa, dopo una lunga notte immersi nell’umidità. Finalmente scaldati e contenti, ci godiamo il panorama.
Ti assicuro che ho comprato il biglietto di ritorno e non ci tornerò più in questa triste città! Lascio alla signorina Rottermayer tutta la gioia di vivere in una città triste e senza calore! Io non potrei mai accontentarmi di una stanza senza farfalle! Ho bisogno di prati verdi per respirare. … Basta con queste stanze vuote piene di vecchi cimeli! Via via…!.
Heidi
La Uja di Mondrone ci osserva durante i nostri preparativi: lo zaino che non vuole saperne di star chiuso, le bacchette un po’ piegate che non si aprono bene…e qualche foto per ricordarci, nelle buie giornate di un futuro autunno, di questa bella esperienza.
Fatti i primi passi, ci accorgiamo di quanto il paesaggio sia cambiato da ieri: siamo passati da una distesa bianca infinita e senza riferimenti, ad un paesaggio spettacolare, sotto un cielo terso e blu.
Ci incamminiamo giù per la salita che ieri sera ci ha dato tante difficoltà, quella salita che proprio non voleva saperne farsi trovare e che ora è lì, davanti a noi, in bella vista.
Superato il tratto innevato, scopriamo che l’ultima ora abbondante di ieri, passata a girovagare in mezzo alla neve, cercando un sentiero nascosto, è in realtà un tratto di sentiero che si percorre in dieci minuti o poco più. I misteri della natura, e della nebbia!
Cominciamo a spogliarci, prima ci si toglie la giacca, poi la maglia, man mano che passa il tempo fa sempre più caldo.
Tolta la giacca, tolta la felpa, si passa di nuovo ai pantaloncini corti per i nostri amici calorosi, persi a contemplare le montagne che ci circondano.
Per fortuna questo bel sole caldo ci ha asciugato quasi del tutto gli scarponcini e le preoccupazioni di ieri sera, una lunga discesa con i piedi fradici, non si sono avverate.
Ci concediamo qualche breve sosta qua e là, poi arriviamo poco dopo le rovine dei vecchi alpeggi e raggiungiamo gli amici del Verticalife, che ci stavano aspettando con prosciutto e formaggio.
Ci fermiamo anche noi ed optiamo per una pausa pranzo in anticipo sui tempi. Le ragazze hawaiane si avventurano vicino alla parete rocciosa che abbiamo appena aggirato scendendo, nel tentativo di vedere i molti camosci da più vicino, senza spaventarli.
E’ una giornata davvero meravigliosa, a tratti soffia una leggera arietta che ci rinfresca, abbiamo conosciuto tanti nuovi amici in sole 24 ore e ci siamo divertiti moltissimo, e la giornata non è ancora finita, anzi…insomma, è un giorno di grande, grandissima felicità!
Mangiamo e chiacchieriamo, a piedi scalzi sui prati e sulle rocce, cosa c’è di meglio? Cos’altro si può chiedere in un normale weekend? Giochiamo a distinguere gli animali dalla parete rocciosa, alcuni ne contano anche una decina, altri riescono a vederne a malapena uno, ed intanto mangiamo e ridiamo.
Le Alpi, un paese dove il cielo profondo, stanco di essere blu, si è sdraiato sulla montagna.
Boris Vian
Neanche ce ne rendiamo conto e siamo già a valle, non ci abbiamo messo poco, ma il tempo è volato e neanche ce ne siamo accorti, immersi come eravamo a chiacchierare ed ammirare lo splendido paesaggio con i colori regalati da questo sole caldo, confrontandoli con l’uniformità bianca e quasi inquietante della nebbia di ieri.
Arriviamo alle macchine stanchi e soddisfatti, ma non abbastanza, e così ripartiamo. Pochi minuti di macchina ci portano al Pian della Mussa, dove ci aspettano una moltitudine di stambecchi a pochi passi dal bar.
Impossibile non avvicinarsi – sono animali non troppo paurosi, questi meno che mai, così abituati alla presenza dell’uomo – e notare che stanno cambiando il pelo, mentre leccano le rocce alla ricerca di sale e mangiano qualsiasi erba o arbusto commestibile.
Ce ne sono davvero tanti, ci spiano da dietro ogni roccia, ma siamo tutti abbastanza stanchi dalle lunghe camminate di questi due giorni e decidiamo di prenderci il meritato riposo.
Ci prendiamo un caffè e un amaro, come da tradizione, per festeggiare le nuove amicizie e la fine di questa bella avventura.
Parliamo di tante cose mentre ci rilassiamo, del sistema scolastico americano, della reale situazione in Israele, così diversa da quella che ci descrivono in tv tutti i giorni.
Il tempo cambia ed il nostro accampamento all’aperto è a rischio allagamento. Decidiamo di salutarci anche perchè qualcuno deve tornare a Torino per prendere un treno.
E così siamo arrivati alla fine anche di questa avventura, ci rimarranno le amicizie e chissà che un giorno non ci rivedremo, magari alle Hawaii o in Israele!
Buone camminate amici, alla prossima.
AP
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