Quanto era bello il raggio di sole di ieri sera.
Stamattina, invece, il tempo decide di non graziarci e facciamo colazione sotto una pioggerellina leggera e irritante. E, per non sbagliare, tiriamo fuori lo strato di plastica: giacca in Goretex, coprizaino, ghette e poncho a portata di mano.
Anche se la temperatura è leggermente più bassa di ieri, ci scaldiamo subito con una bella salita!
Poco dopo la salita ci ritroviamo al primo guado. Già, ci hanno avvertiti, oggi sarà la giornata dei guadi e ben più tosti di quello di ieri.
Ma per il primo guado non ci togliamo neanche le scarpe, riusciamo a saltare di pietra in pietra e poi dritti verso il deserto di nero.
Il libro che ci siamo regalati prima di partire, unica traccia che seguiamo in questo lungo cammino, ci dice che la tappa di oggi avrà dislivello quasi pari a zero, ed in effetti superata la prima breve salita, ci ritroviamo in uno sterminato deserto nero.
Le tracce di pneumatici segnano una pista chiarissima da seguire, addentrandosi sempre più in questo enorme altipiano nero, costellato di picchi palesemente di origine vulcanica, ricoperti di un muschio verde brillante, che danno un tocco davvero magico al panorama.
Cominciamo a percorrere i circa 10 chilometri di deserto basaltico. Camminare nel deserto è una sensazione stranissima: non si arriva mai alla fine, ci si guarda indietro e sembra di non essersi mossi, si guarda avanti e i punti di riferimento sono sempre laggiù, lontanissimi.
Solo grazie alle montagne verdi riusciamo ad avere la percezione di avanzare, poco a poco, anche se il passo è veloce, dopo due giorni di sali-scendi essere finalmente in piano è favoloso.
Da qualche parte, forse a metà o magari quasi alla fine del deserto, si alza di colpo un forte vento laterale e la piacevole camminata in piano diventa immediatamente molto più faticosa.
Nel bel mezzo del nulla, superate le due cime verdi e diretti verso altre cime verdi – indistinguibili, almeno per ora – ecco che appaiono le indicazioni per Mordor, Isengard e Winterfell. Non serve troppa immaginazione per essere catapultati in questi famosissimi film e serie tv: rincorrere un hobbit o lottare con un drago non sarebbe poi troppo fuori luogo quassù!
Infine, quando la terra comincia ad essere meno nera e più verde e si comincia a tornare in un paesaggio meno alieno, quasi normale – per gli standard islandesi almeno – vediamo un bel gruppo di persone, forse addirittura una ventina – praticamente una città, da queste parti!
Non dobbiamo arrivare troppo vicini per essere sicuri di una cosa: siamo arrivati al guado, quello difficile, quello dove se sbagli la corrente ti porta via o almeno ti fa fare un bel bagno!
Ci avviciniamo al gruppo, allontanandoci dalla strada. Se attraversano tutti lì un motivo ci sarà!
Osserviamo un po’, prima da lontano, poi sulla riva. Il fiume in questo punto è diviso in due da un’isoletta di detriti, che probabilmente è l’unico motivo per il quale si riesce ad arrivare dall’altra parte con i piedi ancora attaccati.
L’acqua, nei punti più alti, arriva ben sopra il ginocchio. Non c’è scelta: via scarpe, calze e pantaloni, tutto deve essere più in alto della vita. Infilate le scarpette e buttate scarpe e pantaloni al collo, slacciamo lo zaino – ci hanno fatto notare che in caso cadessimo, la zaino e la corrente forte potrebbero essere un bel problema! – e cominciamo l’attraversata.
Seguiamo i passi di un gruppo di francesi, ma sono lenti e la temperatura dell’acqua mette una certa fretta ed ecco che avviene un sorpasso: Italia 1 – Francia 0.
L’isoletta è davvero indispensabile: si fa addirittura fatica a camminare, le gambe sono praticamente insensibili e come si esce dall’acqua i piedi fanno un male incredibile. Ma siamo solo a metà. Trovare la volontà di rientrare in acqua è una violenza fisica, ma pochi passi ci fanno raggiungere la riva. Il sollievo di togliersi le scarpette, asciugarsi e rivestirsi è davvero incredibile!
Ricomposti e riportata la temperatura delle gambe sopra lo zero, siamo pronti a ripartire, Alftavatn ci attende!
Proseguiamo fino a ritrovarci ormai a qualche chilometro dalla nostra meta finale, ad un piccolo campo intermedio di nome Hvannagil dove troviamo un rifugio e il gruppo di ragazze russe che abbiamo incontrato il giorno della partenza e più volte negli ultimi giorni. Ci comunicano che, causa previsioni meteo decisamente brutte per i giorni successivi, attenderanno qui il bus per terminare la loro camminata.
Indecisi sul da fare decidiamo di non mollare – avevate per caso qualche dubbio? – ma, pura precauzione, ci fermiamo a prenotare un posto letto nel rifugio ad Alftavatn. Siamo certi che saranno soldi ben spesi!
Ci rimettiamo in cammino e, molto presto, raggiungiamo Alftavatn, inconfondibile con il suo lago – l’altro lago ancora non lo vediamo, ma sappiamo che c’è!
Un piccolo ponticello ci evita l’ultimo guado della giornata ed anche per oggi siamo arrivati a destinazione. Andiamo a presentarci al rifugio per avere il nostro letto – una piazza e mezza in due, al caldo, al prezzo di una camera d’hotel in Italia! – e siamo ben contenti di aver prenotato: il rifugio è pieno e chi è rimasto fuori con le tende ha dei seri problemi con il fortissimo vento che si sta alzando.
Contenti di aver investito in maniera produttiva i nostri soldi, ci sistemiamo.
Lasciamo gli zaini e, dopo una merenda a base di tè e una “colazione” – ci dividiamo una busta di muesli al cioccolato – decidiamo di andare ad esplorare i dintorni del lago Alftavatn.
Percorriamo l’anello che gira intorno al lago e, non contenti della fatica fatta oggi, veniamo attratti da una cima che sembra vicinissima, sulla destra del lago. A meno di metà della salita ci accorgiamo che così vicina non era, ma arriviamo fino in cima.
Veniamo ripagati da una vista favolosa sulla vallata successiva, e da un vento gelido che minaccia di farci cadere a terra!
Scesi poco più in basso riusciamo ad assaporarci qualche minuto di tranquillità: il vento soffia forte e nubi nere si avvicinano veloci e minacciose. Siamo certi che tra poco comincerà a piovere, ma possiamo goderci la vista sul lago Alftavatn ed il suo piccolo gemello prima di scendere per tornare al campo.
Scendiamo veloci dalla cresta e ci dirigiamo al campo proseguendo il giro intorno al lago. Quando siamo ormai quasi arrivati comincia a piovere, la solita irritante pioggerellina Islandese, resa ancora più irritante dal vento.
Arrivati al campo andiamo diretti in rifugio: stare all’aperto diventa ogni secondo più difficile, colpa della pioggia e del vento che fanno precipitare la temperatura.
Proseguiamo la serata chiacchierando con una coppia di ragazzi canadesi, anche loro rifugiati per via del meteo. Scopriamo di aver preso la miglior decisione possibile: fuori le tende volano via e i ranger distribuiscono picchetti aggiuntivi.
La nostra nottata sarà calda, fin troppo a causa delle 32 persone presenti in questa stanza, ma siamo ben contenti di non essere in tenda, a lottare per non volare via!
Andiamo a dormire presto, viste le previsioni domani sarà una giornata lunga e molto, molto faticosa!!!
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AP
INFO costi
- notte in rifugio: € 120 euro in due (60€ a testa), letti a una piazza e mezza da dividere, acqua corrente, cucina attrezzata, stufa
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